Ricorso nell'interesse  della  Regione  autonoma  della  Sardegna
(cod. fisc. 80002870923), con sede legale  in  09123  Cagliari  (CA),
Viale Trento, n. 69, in persona del Presidente pro tempore  Francesco
Pigliaru,  giusta  procura  speciale  a  margine  del  presente  atto
rappresentata e difesa dagli avv.ti  Alessandra  Camba  (coda  fisc.:
CMBLSN57D49B354X;        posta        elettronica        certificata:
acamba@pec.regione.sardegna.it; fax:  070.6062418)  e  prof.  Massimo
Luciani (cod. fisc.: LCNMSM52L23H501G; posta elettronica  certificata
massimoluciani@ordineavvocatiroma.org;    fax     06.90236029)     ed
elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in 00153 Roma,
Lungotevere Raffaello Sanzio, n. 9; 
    Contro il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  (cod.  fisc.
80188230587), in persona del Presidente del  Consiglio  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso
la cui sede in 00186 Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, e'  domiciliato
ex lege; 
    per la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale in parte qua
del decreto legislativo 16 giugno 2017, n.  104,  avente  ad  oggetto
«Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo  e  del
Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva  2011/92/UE,
concernente la valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati
progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli  1  e  14  della
legge 9 luglio 2015, n.  114.  (17600117)»,  pubblicato  in  Gazzetta
Ufficiale  -  Serie  generale  -  n.  156  del  6  luglio  2017,  con
particolare riferimento agli articoli 3, 5, 8, 9, 12, 13, 14, 16, 17,
22 e 26. 
 
                                Fatto 
 
    1. - L'impugnato decreto legislativo  16  giugno  2017,  n.  104,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 luglio 2017, n. 156,  e'  stato
adottato nell'esercizio della delega di cui alla legge 9 luglio 2015,
n. 114, recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive
europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea -  legge  di
delegazione europea 2014». 
    1.1. - L'art. 1 di tale legge dispone quanto segue:  «Il  Governo
e' delegato ad adottare secondo le procedure, i principi e i  criteri
direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre  2012,
n. 234,  i  decreti  legislativi  per  l'attuazione  delle  direttive
elencate negli allegati A e B alla presente legge. 
    I termini per l'esercizio delle deleghe di cui al  comma  1  sono
individuati ai sensi dell'art. 31, comma l, della legge  24  dicembre
2012, n. 234. 
    Gli schemi  dei  decreti  legislativi  recanti  attuazione  delle
direttive elencate nell'allegato B, nonche', qualora sia previsto  il
ricorso a  sanzioni  penali,  quelli  relativi  all'attuazione  delle
direttive   elencate   nell'allegato   A,   sono   trasmessi,    dopo
l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge,  alla  Camera
dei deputati e al Senato della Repubblica affinche' su  di  essi  sia
espresso il parere dei competenti organi parlamentari. 
    Eventuali spese non  contemplate  da  leggi  vigenti  e  che  non
riguardano l'attivita'  ordinaria  delle  amministrazioni  statali  o
regionali possono essere previste  nei  decreti  legislativi  recanti
attuazione delle direttive elencate negli allegati A  e  B  nei  soli
limiti occorrenti per  l'adempimento  degli  obblighi  di  attuazione
delle  direttive  stesse;  alla  relativa  copertura,  nonche'   alla
copertura    delle    minori    entrate    eventualmente    derivanti
dall'attuazione delle direttive, in quanto non  sia  possibile  farvi
fronte con i fondi gia' assegnati alle competenti amministrazioni, si
provvede a carico del fondo di rotazione  di  cui  all'art.  5  della
legge 16 aprile 1987, n. 183. Qualora la dotazione del predetto fondo
si rivelasse insufficiente, i decreti legislativi dai quali  derivino
nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente  all'entrata
in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano  le  occorrenti
risorse finanziarie, in conformita' all'art. 17, comma 2, della legge
31 dicembre 2009, n. 196. Gli schemi dei predetti decreti legislativi
sono,  in  ogni  caso,  sottoposti  al   parere   delle   Commissioni
parlamentari competenti anche per  i  profili  finanziari,  ai  sensi
dell'art. 31, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234». 
    Tra le direttive elencate nell'Allegato B alla legge di delega  -
richiamato dall'art. 1, comma 1, teste' citato - figura, al punto 28,
la direttiva «2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio,  del
16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE  concernente  la
valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti  pubblici
e privati» con termine di recepimento fissato al 16 maggio 2017. 
    1.2. - Per l'attuazione della  menzionata  direttiva  2014/52/UE,
l'art. 14 della legge delega prevede dei principi e criteri direttivi
specifici, ulteriori (aggiuntivi, dunque) rispetto a quelli  indicati
agli articoli  31  e  32  della  legge  24  dicembre  2012,  n.  234,
richiamati dall'art. 1, comma 1. 
    L'art.  14  -  rubricato  «Principi  e  criteri   direttivi   per
l'attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e  del
Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la  direttiva  2011/92/UE
concernente la valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati
progetti pubblici e privati» - dispone  infatti  che  «nell'esercizio
della  delega  per  l'attuazione  della  direttiva   2014/52/UE   del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che  modifica
la  direttiva  2011/92/UE  concernente  la  valutazione  dell'impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati, il Governo  e'
tenuto a seguire, oltre  ai  principi  e  criteri  direttivi  di  cui
all'art. 1, comma 1, anche i seguenti principi  e  criteri  direttivi
specifici: 
    a)  semplificazione,  armonizzazione  e  razionalizzazione  delle
procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione  al
coordinamento  e  all'integrazione  con  altre  procedure  volte   al
rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale; 
    b) rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di
impatto ambientale,  allineando  tale  procedura  ai  principi  della
regolamentazione intelligente (smart regulation) e della  coerenza  e
delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali; 
    c) revisione e razionalizzazione  del  sistema  sanzionatorio  da
adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE,  al  fine  di  definire
sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive  e  di  consentire  una
maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni; 
    d)   destinazione   dei   proventi   derivanti   dalle   sanzioni
amministrative  per  finalita'  connesse   al   potenziamento   delle
attivita' di vigilanza, prevenzione e monitoraggio  ambientale,  alla
verifica del rispetto delle condizioni previste nel  procedimento  di
valutazione  ambientale,  nonche'  alla  protezione  sanitaria  della
popolazione in caso di incidenti o calamita' naturali, senza nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica». 
    1.3. - Il Governo e' poi tenuto - come gia' segnalato sopra -  al
rispetto dei principi e criteri direttivi fissati agli articoli 31  e
32 della legge n. 234 del 2012 («Norme generali sulla  partecipazione
dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e  delle
politiche dell'Unione europea»). 
    L'art. 31 stabilisce che: 
    i) «In relazione alle deleghe legislative conferite con la  legge
di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo
adotta i  decreti  legislativi  entro  il  termine  di  quattro  mesi
antecedenti a  quello  di  recepimento  indicato  in  ciascuna  delle
direttive; per le direttive il cui termine cosi' determinato sia gia'
scaduto alla data di entrata in vigore  della  legge  di  delegazione
europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il  Governo  adotta  i
decreti legislativi di recepimento  entro  tre  mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della medesima legge;  per  le  direttive  che  non
prevedono un termine di recepimento, il  Governo  adotta  i  relativi
decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore
della legge di delegazione europea» (comma 1); 
    ii) «I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto  dell'art.
14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del
Consiglio dei ministri o del Ministro per gli affari  europei  e  del
Ministro con competenza prevalente nella materia, di concerto  con  i
Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e  delle
finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto
della direttiva. I  decreti  legislativi  sono  accompagnati  da  una
tabella di concordanza tra le disposizioni in essi previste e  quelle
della direttiva da  recepire,  predisposta  dall'amministrazione  con
competenza istituzionale prevalente nella materia» (comma 2); 
    iii) «La legge di delegazione  europea  indica  le  direttive  in
relazione  alle  quali  sugli  schemi  dei  decreti  legislativi   di
recepimento e'  acquisito  il  parere  delle  competenti  Commissioni
parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
In tal caso gli schemi dei decreti legislativi sono  trasmessi,  dopo
l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge,  alla  Camera
dei deputati e al Senato della Repubblica affinche' su  di  essi  sia
espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi
quaranta giorni dalla data di trasmissione, i  decreti  sono  emanati
anche in mancanza del parere. Qualora il  termine  per  l'espressione
del parere parlamentare di cui al presente  comma  ovvero  i  diversi
termini previsti dai commi 4  e  9  scadano  nei  trenta  giorni  che
precedono la scadenza dei termini di delega previsti ai commi 1 o 5 o
successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi» (comma 3); 
    iv) «Gli schemi dei decreti legislativi recanti recepimento delle
direttive che comportino conseguenze finanziarie sono corredati della
relazione tecnica di  cui  all'art.  17,  comma  3,  della  legge  31
dicembre 2009, n. 196. Su di essi e' richiesto anche il parere  delle
Commissioni parlamentari competenti  per  i  profili  finanziari.  Il
Governo, ove non intenda conformarsi alle  condizioni  formulate  con
riferimento all'esigenza  di  garantire  il  rispetto  dell'art.  81,
quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle  Camere  i  testi,
corredati dei necessari elementi integrativi  d'informazione,  per  i
pareri definitivi delle Commissioni  parlamentari  competenti  per  i
profili finanziari, che devono essere espressi  entro  venti  giorni»
(comma 4); 
    v) «Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata  in  vigore  di
ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto  dei
principi e criteri  direttivi  fissati  dalla  legge  di  delegazione
europea, il Governo puo' adottare,  con  la  procedura  indicata  nei
commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative  e  correttive  dei  decreti
legislativi emanati ai sensi del  citato  comma  1,  fatto  salvo  il
diverso termine previsto dal comma 6» (comma 5); 
    vi) «Con la procedura di cui ai commi 2, 3 e 4  il  Governo  puo'
adottare disposizioni integrative e correttive di decreti legislativi
emanati ai sensi del comma 1,  al  fine  di  recepire  atti  delegati
dell'Unione  europea  di  cui   all'art.   290   del   Trattato   sul
funzionamento  dell'Unione  europea,  che  modificano   o   integrano
direttive recepite con  tali  decreti  legislativi.  Le  disposizioni
integrative e correttive di cui al primo periodo  sono  adottate  nel
termine di cui al comma 5 o nel diverso termine fissato  dalla  legge
di delegazione europea» (comma 6); 
    vii)  «I  decreti  legislativi  di  recepimento  delle  direttive
previste dalla legge  di  delegazione  europea,  adottati,  ai  sensi
dell'art. 117, quinto comma, della  Costituzione,  nelle  materie  di
competenza legislativa delle regioni e delle  province  autonome,  si
applicano alle condizioni e secondo le procedure di cui all'art.  41,
comma 1» (comma 7); 
    viii) «I decreti legislativi adottati ai  sensi  dell'art.  33  e
attinenti a materie di competenza legislativa delle regioni  e  delle
province autonome sono emanati alle condizioni e secondo le procedure
di cui all'art. 41, comma 1» (comma 8); 
    ix)  «Il  Governo,  quando  non  intende  conformarsi  ai  pareri
parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali  contenute
negli  schemi  di  decreti  legislativi  recanti   attuazione   delle
direttive, ritrasmette  i  testi,  con  le  sue  osservazioni  e  con
eventuali modificazioni, alla Camera dei deputati e al  Senato  della
Repubblica. Decorsi venti giorni  dalla  data  di  ritrasmissione,  i
decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere» (comma 9). 
    Il successivo art. 32 della legge n. 234 del 2012  specifica  poi
che «salvi gli specifici principi e criteri direttivi stabiliti dalla
legge di delegazione europea e in aggiunta a quelli  contenuti  nelle
direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'art.  31  sono
informati ai seguenti principi e criteri direttivi  generali:  a)  le
amministrazioni direttamente  interessate  provvedono  all'attuazione
dei decreti legislativi con le  ordinarie  strutture  amministrative,
secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e
delle modalita' di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei
servizi; b) ai fini di un migliore coordinamento  con  le  discipline
vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare,
sono introdotte le occorrenti modificazioni alle  discipline  stesse,
anche attraverso il riassetto  e  la  semplificazione  normativi  con
l'indicazione  esplicita  delle  norme  abrogate,   fatti   salvi   i
procedimenti oggetto  di  semplificazione  amministrativa  ovvero  le
materie oggetto di delegificazione; c) gli  atti  di  recepimento  di
direttive dell'Unione europea non possono prevedere l'introduzione  o
il mantenimento di livelli di regolazione superiori a  quelli  minimi
richiesti- dalle direttive  stesse,  ai  sensi  dell'art.  14,  commi
24-bis, 24-ter e 24-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246;  d)
al di fuori  dei  casi  previsti  dalle  norme  penali  vigenti,  ove
necessario per assicurare l'osservanza delle  disposizioni  contenute
nei decreti legislativi,  sono  previste  sanzioni  amministrative  e
penali per le infrazioni alle disposizioni  dei  decreti  stessi.  Le
sanzioni penali, nei limiti,  rispettivamente,  dell'ammenda  fino  a
150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono  previste,  in  via
alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano  o
espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti.  In  tali
casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto  per
le infrazioni che  espongano  a  pericolo  o  danneggino  l'interesse
protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le
infrazioni che  rechino  un  danno  di  particolare  gravita'.  Nelle
predette ipotesi,  in  luogo  dell'arresto  e  dell'ammenda,  possono
essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53
e seguenti del decreto legislativo 28  agosto  2000,  n.  274,  e  la
relativa competenza del giudice di pace. La  sanzione  amministrativa
del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a
150.000 euro e' prevista per le infrazioni che ledono o  espongono  a
pericolo  interessi  diversi  da  indicati  dalla  presente  lettera.
Nell'ambito  dei  limiti  minimi  e  massimi  previsti,  le  sanzioni
indicate dalla presente lettera sono determinate nella loro  entita',
tenendo  conto  della  diversa  potenzialita'  lesiva  dell'interesse
protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di  specifiche
qualita' personali  del  colpevole,  comprese  quelle  che  impongono
particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonche' del
vantaggio patrimoniale che  l'infrazione  puo'  recare  al  colpevole
ovvero alla persona o all'ente nel cui  interesse  egli  agisce.  Ove
necessario per assicurare l'osservanza delle  disposizioni  contenute
nei  decreti  legislativi,  sono   previste   inoltre   le   sanzioni
amministrative accessorie della sospensione fino a sei  mesi  e,  nei
casi piu' gravi, della privazione definitiva di  facolta'  e  diritti
derivanti da  provvedimenti  dell'amministrazione,  nonche'  sanzioni
penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale. Al medesimo
fine e' prevista la confisca obbligatoria delle cose che servirono  o
furono destinate a commettere l'illecito amministrativo  o  il  reato
previsti dai medesimi decreti legislativi, nel  rispetto  dei  limiti
stabiliti dall'art. 240, terzo e quarto comma, del  codice  penale  e
dall'art. 20 della legge 24  novembre  1981,  n,  689,  e  successive
modificazioni. Entro i limiti di pena indicati nella presente lettera
sono  previste  sanzioni  anche   accessorie   identiche   a   quelle
eventualmente gia'  comminate  dalle  leggi  vigenti  per  violazioni
omogenee  e  di  pari  offensivita'  rispetto  alle  infrazioni  alle
disposizioni dei decreti legislativi. Nelle materie di  cui  all'art.
117, quarto comma, della  Costituzione,  le  sanzioni  amministrative
sono determinate dalle regioni; e)  al  recepimento  di  direttive  o
all'attuazione di  altri  atti  dell'Unione  europea  che  modificano
precedenti direttive o atti gia' attuati  con  legge  o  con  decreto
legislativo si procede, se la modificazione non comporta  ampliamento
della materia regolata, apportando  le  corrispondenti  modificazioni
alla legge o al decreto legislativo di attuazione della  direttiva  o
di altro atto modificato; f) nella redazione dei decreti  legislativi
di cui all'art. 31 si tiene conto delle eventuali modificazioni delle
direttive dell'Unione europea comunque intervenute  fino  al  momento
dell'esercizio della delega; g) quando si verifichino sovrapposizioni
di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano  coinvolte
le competenze di piu' amministrazioni statali, i decreti  legislativi
individuano, attraverso le piu'  opportune  forme  di  coordinamento,
rispettando   i   principi   di   sussidiarieta',   differenziazione,
adeguatezza e leale collaborazione e le competenze  delle  regioni  e
degli  altri  enti  territoriali,  le  procedure  per   salvaguardare
l'unitarieta' dei processi decisionali, la trasparenza, la celerita',
l'efficacia e l'economicita' nell'azione amministrativa e  la  chiara
individuazione dei soggetti responsabili; h)  qualora  non  siano  di
ostacolo i diversi termini di recepimento,  vengono  attuate  con  un
unico decreto legislativo  le  direttive  che  riguardano  le  stesse
materie  o  che  comunque  comportano  modifiche  degli  stessi  atti
normativi; i) e' assicurata la parita' di trattamento  dei  cittadini
italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati  membri  dell'Unione
europea e non puo'  essere  previsto  in  ogni  caso  un  trattamento
sfavorevole dei cittadini italiani». 
    1.4. - Da ultimo, per quanto qui interessa, si segnala che l'art.
2, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281,  dispone
che «La Conferenza  Stato-regioni  e'  obbligatoriamente  sentita  in
ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o  di
regolamento del Governo nelle materie di competenza delle  regioni  o
delle province autonome di Trento e di Bolzano che si pronunzia entro
venti  giorni;  decorso  tale  termine,   i   provvedimenti   recanti
attuazione di direttive comunitarie sono emanati anche in mancanza di
detto parere. Resta fermo quanto previsto in ordine alle procedure di
approvazione delle norme di attuazione degli statuti delle regioni  a
statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano». 
    2. - L'impugnato decreto legislativo n. 104  del  2017  e'  stato
emanato in data 16 giugno 2017, previa acquisizione dei pareri  delle
competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati  e  del
Senato della Repubblica, nonche' della Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento  e
Bolzano. 
    Quest'ultima, nella seduta del 4 maggio 2017, ha infatti espresso
sullo schema di  decreto  legislativo  approvato  dal  Consiglio  dei
ministri il 10  marzo  2017  parere  favorevole,  condizionato  pero'
all'accoglimento di una serie di proposte emendative elaborate  dalla
Conferenza medesima. 
    Alcune  di  tali  proposte  emendative  riguardavano  proprio  le
disposizioni  qui  impugnate  e,  in  particolare,  concernevano   il
coinvolgimento delle regioni nel procedimento di VIA in sede  statale
e la  modificazione  delle  competenze  amministrative  tra  Stato  e
regioni. 
    A tal proposito, interessano qui le seguenti disposizioni. 
    2.1. - L'art. 5  del  decreto  legislativo  impugnato  -  che  ha
introdotto nel decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.  152,  l'art.
7-bis - disciplina le competenze statali e regionali  in  materia  di
VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA. 
    Al comma 2, infatti, stabilisce che «sono  sottoposti  a  VIA  in
sede statale i progetti di cui all'allegato II alla parte seconda del
presente decreto. Sono sottoposti a verifica di  assoggettabilita'  a
VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II-bis alla  parte
seconda del presente decreto». 
    In sede statale, si legge al comma 4, «l'autorita' competente  e'
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,
che esercita le proprie competenze in collaborazione con il Ministero
dei beni e delle attivita' culturali e del turismo per  le  attivita'
istruttorie relative al procedimento  di  VIA.  Il  provvedimento  di
verifica  di  assoggettabilita'  a  VIA  e'  adottato  dal  Ministero
dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  del   mare.   Il
provvedimento di VIA e' adottato nelle forme e con  le  modalita'  di
cui all'art. 25, comma 2, e all'art. 27, comma 8». 
    Al comma 3, invece, l'art. 5 del  decreto  legislativo  impugnato
dispone che «sono sottoposti a VIA in sede regionale, i  progetti  di
cui all'allegato III alla parte seconda del  presente  decreto.  Sono
sottoposti a verifica di assoggettabilita' a VIA in sede regionale  i
progetti di cui all'allegato  IV  alla  parte  seconda  del  presente
decreto». 
    In sede regionale - si legge al comma 4 - «l'autorita' competente
e' la pubblica amministrazione con compiti di  tutela,  protezione  e
valorizzazione ambientale individuata secondo le  disposizioni  delle
leggi regionali o delle province autonome». 
    L'art. 22 del decreto legislativo n. 104 del 2017 interviene  poi
sugli Allegati alla parte seconda del decreto legislativo n. 152  del
2006, modificando  gli  elenchi  dei  progetti  sottoposti  a  VIA  e
verifica di assoggettabilita'  a  VIA  in  sede  statale  e  in  sede
regionale. 
    Tale modificazione e' completata  attraverso  le  abrogazioni  di
alcune voci negli elenchi, ai sensi del successivo art. 26, comma  1,
lettera a). 
    2.2. - Il procedimento di VIA e' disciplinato dagli articoli  12,
13  e  14  del   decreto   legislativo   impugnato,   rispettivamente
modificativi degli articoli 23, 24 e 25 del  decreto  legislativo  n.
152 del 2006. 
    L'art. 12 disciplina la fase di avvio del procedimento, a seguito
di  apposita  istanza  trasmessa  all'autorita'   competente   e   di
pubblicazione sul sito web di quest'ultima di tutta la documentazione
fornita dal proponente. 
    Al comma 4 la norma dispone che «l'autorita' competente  comunica
contestualmente per via telematica a tutte  le  Amministrazioni  e  a
tutti gli enti territoriali  potenzialmente  interessati  e  comunque
competenti ad esprimersi sulla realizzazione del progetto, l'avvenuta
pubblicazione della documentazione nel proprio sito web». 
    Il successivo art. 13 concerne poi la  fase  della  consultazione
del pubblico e dell'acquisizione dei pareri delle  Amministrazioni  e
degli enti pubblici competenti a esprimersi sulla  realizzazione  del
progetto. Al comma 3 si  legge  infatti  che  «Entro  il  termine  di
sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso al pubblico di cui al
comma 2 [...] sono  acquisiti  per  via  telematica  i  pareri  delle
Amministrazioni  e  degli  enti  pubblici  che  hanno   ricevuto   la
comunicazione di cui all'art. 23, comma 4». 
    L'art.  14,  infine,  nel  novellare  l'art.   25   del   decreto
legislativo n. 152 del 2006 dispone, per quanto qui interessa, che: 
        «L'autorita' competente valuta  la  documentazione  acquisita
tenendo debitamente conto dello studio di impatto  ambientale,  delle
eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente,  nonche'
dai risultati delle consultazioni svolte, delle informazioni raccolte
e delle osservazioni e dei pareri ricevuti a norma degli articoli  24
e 32. Qualora tali pareri non siano resi  nei  termini  ivi  previsti
ovvero esprimano valutazioni negative  o  elementi  di  dissenso  sul
progetto; l'autorita' competente procede comunque alla valutazione di
norma del presente articolo» (comma 1); 
        «Nel caso  di  progetti  di  competenza  statale  l'autorita'
competente, entro il termine di  sessanta  giorni  dalla  conclusione
della fase di consultazione di cui all'art. 24, propone  al  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione del
provvedimento  di  VIA,   Qualora   sia   necessario   procedere   ad
accertamenti e  indagini  di  particolare  complessita',  l'autorita'
competente, con atto motivato, dispone il prolungamento della fase di
valutazione sino a un  massimo  di  ulteriori  trenta  giorni,  dando
tempestivamente comunicazione per via telematica al proponente  delle
ragioni che giustificano la proroga e del  termine  entro  cui  sara'
emanato il provvedimento. Nel caso di consultazioni  transfrontaliere
il provvedimento di VIA proposto all'adozione del Ministro  entro  il
termine di cui all'art. 32, comma 5-bis. Il Ministro dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare provvede entro il  termine  di
sessanta  giorni  all'adozione  del  provvedimento  di  VIA,   previa
acquisizione del concerto del Ministro dei  beni  e  delle  attivita'
culturali  e  del  turismo  da  rendere  entro  trenta  giorni  dalla
richiesta. In caso di inutile decorso del termine per l'adozione  del
provvedimento di VIA da parte  del  Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela del  territorio  e  del  mare  ovvero  per  l'espressione  del
concerto da parte del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e
del turismo, su istanza del proponente o  dei  Ministri  interessati,
l'adozione  del  provvedimento  e'  rimessa  alla  deliberazione  del
Consiglio dei ministri che  si  esprime  entro  i  successivi  trenta
giorni» (comma 2). 
    A differenza di quanto previsto dall'abrogato art. 25 del decreto
legislativo n. 152 del 2006, che contemplava espressamente al comma 2
«il parere delle regioni interessate» per i  progetti  di  competenza
statale, la  novella  apportata  dal  decreto  legislativo  impugnato
prevede dunque la  semplice  consultazione  delle  amministrazioni  o
degli enti territoriali «potenzialmente interessati». 
    2.3.  -  Infine,  come  si  vedra'   meglio   al   terzo   motivo
d'impugnazione, diverse disposizioni del decreto legislativo  n.  104
del 2017 prevedono la partecipazione al procedimento di  VIA  e/o  ai
procedimenti connessi  del  Ministero  dei  beni  e  delle  attivita'
culturali e del turismo, nella qualita' di Amministrazione incaricata
della protezione del paesaggio. 
    In particolare: 
    i) l'art. 3, comma 1, lettera g); l'art. 14, nella parte  in  cui
modifica l'art. 25, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006;
e l'art. 16, nella parte in cui modifica  l'art.  26,  comma  8,  del
decreto legislativo n. 152 del  2006,  prevedono  il  «concerto»  del
Ministero dei beni e delle attivita'  culturali  rispettivamente  per
l'adozione del provvedimento di  deroga  dall'assoggettabilita'  alla
valutazione d'impatto  ambientale  degli  interventi  in  materia  di
protezione civile; per il provvedimento di VIA e per  l'adozione  del
«provvedimento unico in materia ambientale»; 
    ii) l'art. 3, comma 1, lettera h), e l'art. 8, nella parte in cui
modifica l'art. 19, comma 8, del decreto legislativo n. 152 del  2006
prevedono il «parere» del MIBACT rispettivamente per  l'adozione  del
provvedimento di deroga dall'assoggettabilita' alla  VIA  per  alcuni
interventi  particolari  e  per  il  provvedimento   conclusivo   del
procedimento di  verifica  di  assoggettabilita'  alla  VIA  in  sede
statale; 
    iii) l'art. 17, nella parte in cui modifica l'art. 28,  comma  2,
del decreto legislativo n. 152 del 2006, prevede la  «collaborazione»
del  MIBACT  nel  procedimento  di  verifica  dell'ottemperanza  alle
condizioni ambientali imposte nel provvedimento di VIA. 
    Il decreto legislativo n. 104 del 2017 e' illegittimo e violativo
delle  attribuzioni  costituzionali  della  Regione  autonoma   della
Sardegna, che ne chiede l'annullamento in parte qua  per  i  seguenti
motivi di 
 
                               Diritto 
 
1. - Illegittimita' costituzionale degli articoli 12,  13  e  14  del
decreto legislativo n. 104 del 2017. Violazione dell'art. 117,  comma
1, Cost., per violazione dell'art. 1, comma 6, lettera a), della dir.
16 aprile 2014, n. 2014/52/UE. Violazione  dell'art.  76  Cost.,  per
violazione degli articoli 1, comma 1, e 14 della  legge  n.  114  del
2015, in riferimento all'art. 1, par. 6, della dir. 16  aprile  2014,
n. 2014/52/UE, nonche' all'art. 32, comma 1, lettera g), della  legge
n. 234 del 2012. Violazione dei principi di leale collaborazione,  di
ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione  di
cui agli articoli 3, 5, 97, 117 e 118 Cost. Violazione degli articoli
3 e 4 della legge cost. n. 3 del 1948, recante «Statuto speciale  per
la Sardegna» e dell'art. 117, commi 2 e 3, Cost. 
    Gli articoli 12, 13 e 14 del decreto legislativo n. 104 del  2017
hanno integralmente riscritto gli articoli 23, 24 e  25  del  decreto
legislativo n. 152 del  2006,  riformando  l'intero  procedimento  di
adozione del provvedimento di valutazione di impatto  ambientale.  In
particolare: 
    l'art. 12 ha  integralmente  sostituito  l'art.  23  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006, disciplinando  la  fase  dell'iniziativa
del procedimento (presentazione dell'istanza di  VIA,  formale  avvio
del procedimento e regime di pubblicita' degli atti); 
    l'art. 13 ha riscritto l'art. 24 del decreto legislativo  n.  152
del 2006, regolando la fase istruttoria e, in particolare,  le  forme
di consultazione dei soggetti privati, l'acquisizione dei  pareri  di
altri  organi  e  plessi  amministrativi  nonche'  la   consultazione
«transfrontaliera». Lo stesso art. 13 ha introdotto l'art. 24-bis del
codice dell'ambiente, nel quale e' regolato il nuovo  istituto  della
c.d. «inchiesta pubblica», modalita' istruttoria intesa ad  allargare
lo spettro della partecipazione dei soggetti privati al procedimento; 
    infine, l'art.  14  ha  integralmente  novellato  l'art.  25  del
decreto legislativo n. 152 del 2006, riformando la fase decisoria del
procedimento, ovverosia la valutazione  degli  impatti  ambientali  e
l'adozione del provvedimento conseguente. 
    Di questo  insieme  di  disposizioni  interessano  qui  le  parti
concernenti la partecipazione delle  regioni  o  dell'amministrazione
delegata dalla regione al procedimento, che si elencano di seguito: 
    art. 12, nella parte in cui ha introdotto il novellato  art.  23,
comma 4, secondo periodo, del decreto legislativo n.  152  del  2006,
ove si prevede che, a  seguito  della  presentazione  dell'istanza  e
della sua eventuale integrazione,  «l'autorita'  competente  comunica
contestualmente per via telematica a tutte  le  Amministrazioni  e  a
tutti gli enti territoriali  potenzialmente  interessati  e  comunque
competenti ad esprimersi sulla realizzazione del progetto, l'avvenuta
pubblicazione della documentazione nel proprio sito web»; 
    art. 13, comma 1, nella parte in cui ha introdotto  il  novellato
art. 24, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 152 del
2006, ove si prevede  che  «Entro  il  medesimo  termine  [60  giorni
dall'avviso pubblico di presentazione dell'istanza di VIA,  ai  sensi
del novellato art. 24, comma 1, del decreto legislativo  n.  152  del
2006]  sono   acquisiti   per   via   telematica   i   pareri   delle
Amministrazioni  e  degli  enti  pubblici  che  hanno   ricevuto   la
comunicazione di cui all'art. 23, comma 4»; 
    art. 13, comma 1, nella parte in cui ha introdotto  il  novellato
art. 24, comma 5, secondo periodo, del decreto legislativo n. 152 del
2006, ove si prevede  che,  in  caso  di  richiesta  di  modifiche  o
integrazioni  della  documentazione  da   parte   dell'istante,   «in
relazione alle sole modifiche o integrazioni apportate agli elaborati
progettuali e alla documentazione si applica  il  termine  di  trenta
giorni per la presentazione delle osservazioni e la trasmissione  dei
pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto
la comunicazione di cui all'art. 23, comma 4»; 
    art. 14, nella parte in cui ha introdotto il novellato  art.  25,
comma 1, primo periodo, del decreto legislativo n. 152  del  2006,  a
tenor del quale  «l'autorita'  competente  valuta  la  documentazione
acquisita  tenendo  debitamente  conto  dello   studio   di   impatto
ambientale, delle eventuali informazioni  supplementari  fornite  dal
proponente, nonche' dei risultati delle consultazioni  svolte,  delle
informazioni raccolte e delle osservazioni e dei  pareri  ricevuti  a
norma degli articoli 24 e 32». 
    Il segnalato profilo d'interesse  emerge  nel  raffronto  con  la
precedente formulazione del secondo comma dell'art.  25  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006:  «l'autorita'  competente  acquisisce  e
veduta tutta la documentazione presentata, le osservazioni, obiezioni
e suggerimenti inoltrati ai sensi dell'art.  24,  nonche',  nel  caso
clei progetti di competenza dello  Stato,  il  parere  delle  regioni
interessate, che  dovra'  essere  reso  entro  novanta  giorni  dalla
presentazione di cui all'art. 23, comma 1». 
    Come si vede, nella precedente formulazione della legge il  ruolo
regionale nella «VIA statale» era  stabilito  in  maniera  esplicita,
tanto da precludere ogni  possibile  dubbio  sulla  necessita'  della
consultazione  delle  regioni  nel   relativo   procedimento.   Nella
formulazione  riformata,  invece,  tale  garanzia  di  partecipazione
procedimentale e' assente, atteso che le menzionate  disposizioni  si
limitano a fare  riferimento  alle  «Amministrazioni»  e  agli  «enti
territoriali potenzialmente  interessati  e  comunque  competenti  ad
esprimersi sulla realizzazione del progetto». Ne consegue che non  si
puo' escludere che l'Amministrazione statale competente  (alla  quale
viene  affidato,  senza  la  determinazione  di  criteri  valutativi,
l'apprezzamento di quali  siano  tali  «Amministrazioni»  ed  «enti»)
possa opinare che un intervento non interessi la regione o che questa
non abbia competenza in proposito, ad  esempio  perche'  ritiene  che
l'interesse della popolazione  possa  emergere  tramite  la  semplice
consultazione  di  uno  o  piu'  enti  locali  o  perche'  la  natura
ultraregionale dell'ambito  d'intervento  renderebbe  irrilevante  il
coinvolgimento dell'amministrazione  regionale.  Con  la  conseguenza
che, in mancanza di comunicazione, la regione e' messa di  fronte  al
fatto compiuto, del quale  potrebbe  avere  contezza  anche  dopo  la
scadenza dei termini utili per far valere le proprie ragioni in  sede
giurisdizionale. 
    Tutto  cio'  considerato,  le  disposizioni  impugnate  risultano
illegittime per una pluralita' di profili. 
    1.1. - Come illustrato in narrativa, il  decreto  legislativo  n.
104 del 2017 e' stato adottato nell'esercizio della delega  conferita
ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n.  114.  I
principi e criteri direttivi di esercizio della  delega  sono  dunque
quelli espressi dagli articoli 1 e 14 della legge n.  114  del  2015,
dagli articoli 31 e 32  della  legge  n.  234  del  2012  (richiamati
dall'art. 1 della legge n. 114 del 2015), nonche' dalla direttiva  da
recepire, atteso che,  per  costante  giurisprudenza  costituzionale,
«nel caso di delega per l'attuazione di una direttiva comunitaria,  i
principi che quest'ultima esprime si aggiungono a quelli dettati  dal
legislatore nazionale e assumono valore di parametro  interposto»  in
riferimento all'art. 76 Cost. (cosi', tra le piu'  recenti,  sentenze
numero 250 del 2016 e 210 del 2015). 
    Ebbene: nel caso di specie il  vizio  di  eccesso  di  delega  si
riscontra per piu' aspetti. 
    Si deve anzitutto fare  riferimento  all'art.  1  della  dir.  16
aprile 2014, n. 2014/52/UE, recepita con il  decreto  legislativo  n.
104 del 2017, che reca  le  modificazioni  alla  precedente  dir.  n.
2011/92/UE. Il comma 6 riporta le novellazioni dell'art. 6 della dir.
n. 2011/92/UE. La lettera a) sostituisce il primo par.  del  predetto
art. 6, nei termini che seguono: «a) il paragrafo l e' sostituito dal
seguente:  "1.  Gli  Stati  membri  adottano  le  misure   necessarie
affinche' le autorita' che possono essere  interessate  al  progetto,
per la loro specifica responsabilita' in materia  di  ambiente  o  in
virtu'  delle  loro  competenze  locali  o  regionali,   abbiano   la
possibilita' di esprimere il loro parere sulle  informazioni  fornite
dal committente e sulla domanda di autorizzazione, tenendo conto, ove
opportuno, dei casi di cui all'art. 8-bis, paragrafo 3. A  tal  fine,
gli Stati membri designano le autorita' da consultare, in generale  o
caso per caso. Queste autorita' ricevono le informazioni  raccolte  a
norma dell'art. 5. Le  modalita'  della  consultazione  sono  fissate
dagli Stati membri"». 
    Il nuovo paragrafo ora riportato impone  la  consultazione  delle
Amministrazioni  regionali  e  locali  che   hanno   competenza   sul
territorio  sul  quale  si   riverberano   gli   effetti   ambientali
dell'intervento sottoposto a VIA. Si badi: l'impiego della particella
disgiuntiva  «o»  nella  menzionata  disposizione   della   direttiva
richiede che sia consultata  ogni  amministrazione  che  risponda  al
criterio di competenza «funzionale» (responsabilita'  in  materia  di
ambiente)  o  territoriale  («competenze  locali  o  regionali»).  E'
sufficiente  che  un'Amministrazione  abbia  una   sola   di   queste
caratteristiche per entrare nell'ambito d'applicazione  della  norma,
sicche' l'istruttoria non puo' considerarsi completa  se  l'autorita'
statale   ha   consultato   solamente   un'Amministrazione   che   ha
responsabilita' ambientali «o» una che ne  ha  di  territoriali.  Non
solo: gli Stati sono tenuti a «designare» le autorita' da consultare,
il che significa che sono tenuti a farlo in via preventiva,  generale
e astratta, non potendo affidare una cosi' delicata determinazioni ai
contingenti e discrezionali -  anzi:  arbitrari  -  apprezzamenti  di
un'amministrazione operativa dello Stato. 
    Lo stesso dicasi per la seconda particella  disgiuntiva,  che  si
rinviene nella formula «competenze locali o regionali»: affinche' sia
adeguatamente recepita la direttiva, infatti, lo Stato deve garantire
la  partecipazione  al  procedimento  di  tutte  le   amministrazioni
territoriali, tanto di quelle di ambito regionale, quanto  di  quelle
ambito piu' limitato. Ove cosi' non fosse, sarebbe  pregiudicato  uno
degli elementi  essenziali  del  procedimento  di  valutazione  degli
impatti ambientali, ovverosia il principio di informazione preventiva
e di partecipazione in materia ambientale  (principio  sancito  anche
dagli articoli 7 sgg. della  Convenzione  di  Aahrus,  ratificata  in
forza della legge n. 108  del  2001  e  non  a  caso  richiamata  nel
Considerando n. 18 della dir. n. 2011/92/UE, nel testo vigente). 
    Tutto cio' considerato,  e'  evidente  che  le  sopra  menzionate
disposizioni del decreto  legislativo  n.  104  del  2017  non  hanno
adeguatamente recepito la dir. n.  2014/52/UE  e,  al  contrario,  ne
hanno violato il predetto art. 6, par. 1, lettera a). 
    Come si e' gia' illustrato, infatti, il legislatore statale si e'
limitato a prevedere genericamente la  consultazione  di  «tutti  gli
enti territoriali potenzialmente interessati». Tale  formula,  pero',
per le ragioni gia' indicate, non assicura affatto  la  consultazione
dell'ente regionale. Il legislatore statale,  infatti:  a)  ha  fatto
impiego del criterio  dell'«interesse  potenziale»,  invece  di  fare
riferimento  ai  due   criteri   prescritti   nella   direttiva   (la
«responsabilita' in materia ambientale» e la «competenza regionale  o
locale»); b) non ha «designato» gli enti  da  consultare,  ma  ne  ha
affidato la determinazione, di volta  in  volta,  all'amministrazione
procedente,  in   carenza   di   criteri   delimitativi   della   sua
discrezionalita'. 
    1.2. - Dalla segnalata antinomia con  il  testo  della  direttiva
deriva anzitutto il vizio  di  indiretta  violazione  dell'art.  117,
comma 1, Cost., atteso che il legislatore  statale  ha  disatteso  un
obbligo sancito dal diritto europeo,  al  quale  e'  vincolato  dalla
predetta disposizione costituzionale. 
    Risulta  poi  evidente  il  vizio  di  eccesso  di  delega,   per
violazione degli articoli 1 e 14 della legge n.  114  del  2015,  con
conseguente violazione dell'art. 76 Cost. 
    Palese, infine, la violazione dei principi di ragionevolezza e di
buon andamento della pubblica amministrazione  ex  articoli  3  e  97
Cost., atteso che il legislatore statale, lungi  dal  «designare»  in
astratto gli enti da  consultare  o,  quanto  meno,  dall'indicare  i
criteri  per   la   loro   concreta   determinazione,   ha   lasciato
l'amministrazione statale procedente domina dell'intero  procedimento
e arbitra del  coinvolgimento  o  meno  degli  enti  da  informare  e
consultare,   con    conseguente    irragionevole    malfunzionamento
dell'intero  procedimento,  la  cui  disciplina:  a)  non  garantisce
l'acquisizione al procedimento di tutti gli interessi  rilevanti;  b)
non tutela adeguatamente detti interessi; c) espone  il  procedimento
al rischio della contestazione, per l'ipotesi  che  l'amministrazione
statale procedente abbia  illegittimamente  escluso,  per  arbitraria
determinazione, uno degli enti da coinvolgere. 
    Per mero tuziorismo si  deve  osservare  che  tutti  questi  vizi
ridondano - ovviamente -  in  lesione  dell'autonomia  della  regione
ricorrente.  La  partecipazione  al  procedimento  di  VIA  per   gli
interventi di competenza statale e' gia' di per  se'  un  momento  di
necessario coinvolgimento dell'autonomia regionale, perche'  consente
alla regione di incidere nell'adozione di provvedimenti che hanno  un
elevato impatto  sulle  comunita'  territoriali  di  riferimento.  Si
aggiunga che, come indica la  giurisprudenza  costituzionale  e  come
piu' diffusamente si illustrera' al paragrafo seguente, la  procedura
di valutazione d'impatto ambientale interseca anche  numerosi  ambiti
competenziali della regione ricorrente, elencati negli articoli 3 e 4
dello  Statuto  («edilizia  e  urbanistica»;  «trasporti   su   linee
automobilistiche e tramviarie»; «turismo  e  industria  alberghiera»;
«acque  minerali  e  termali»;  «industria,  commercio  ed  esercizio
industriale  delle  miniere,  cave  e  saline»;  «igiene  e   sanita'
pubblica», etc.) nonche' nell'art. 117, comma 3, Cost. («tutela della
salute»;   «ricerca   scientifica   e    tecnologica    e    sostegno
all'innovazione  per  i  settori  produttivi»;  «protezione  civile»;
«porti  e  aeroporti  civili»  «grandi  reti  di   trasporto   e   di
navigazione»;  «produzione,  trasporto  e   distribuzione   nazionale
dell'energia», etc.), applicabile alle regioni a statuto speciale  ai
sensi dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. 
    La ricorrente ha interesse all'accoglimento del  presente  motivo
di ricorso, dunque,  perche',  a  causa  della  segnalata  violazione
dell'art. 117, comma 1, Cost. e dell'eccesso di delega per violazione
dell'art. 1, par. 6, della dir. n. 2014/52/UE, il legislatore statale
ha determinato  un'illegittima  e  irragionevole  compressione  delle
elencate attribuzioni costituzionali e statutarie  della  ricorrente,
sicche' alla rimozione della disposizione  illegittima  conseguirebbe
l'estensione dell'ambito d'autonomia regionale. 
    1.3. - Il  vizio  di  eccesso  di  delega  emerge  anche  per  un
ulteriore profilo. Come gia' osservato, l'art. 1 della legge  n.  114
del 2015 impone che i decreti legislativi di recepimento del  diritto
europeo rilevante rispettino anche i principi e i  criteri  direttivi
di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre  2012,  n.  234.
Ebbene: ai sensi dell'art. 32, comma 1, lettera g),  della  legge  n.
234 del 2012, «quando si verifichino  sovrapposizioni  di  competenze
tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le  competenze
di piu' amministrazioni statali, i decreti  legislativi  individuano,
attraverso le piu' opportune forme di  coordinamento,  rispettando  i
principi di sussidiarieta',  differenziazione,  adeguatezza  e  leale
collaborazione e le competenze  delle  regioni  e  degli  altri  enti
territoriali,  le  procedure  per  salvaguardare  l'unitarieta'   dei
processi decisionali, la trasparenza,  la  celerita',  l'efficacia  e
l'economicita' nell'azione amministrativa e la chiara  individuazione
dei soggetti responsabili». 
    Nel caso di specie,  non  si  puo'  dubitare  del  fatto  che  la
valutazione    d'impatto    ambientale    determini    la    predetta
«sovrapposizione  di  competenze»  tra  Amministrazione   statale   e
regionale. 
    La ricorrente non nega che la  valutazione  d'impatto  ambientale
sia un procedimento di tutela ambientale e che, di conseguenza,  essa
coinvolga  anzitutto  l'ambito  materiale  di  competenza   esclusiva
statale della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema».  Purtuttavia,
non  puo'  essere  contestato  che   tale   procedimento   intersechi
direttamente  o  indirettamente  (e  interferisca  con)   ambiti   di
competenza concorrente o esclusiva regionale. Con la conseguenza  che
la mancata considerazione di  tali  ambiti  comporta  la  violazione,
anzitutto, dello stesso  art.  l  17,  comma  2,  Cost.,  atteso  che
l'esclusivita' della competenza statale e' interpretata  in  modo  da
negare  l'evidenza,  e   cioe'   l'imprescindibile   necessita'   del
coinvolgimento  regionale,  imposto  dall'intreccio  fra  gli  ambiti
competenziali. 
    Il procedimento di valutazione d'impatto ambientale,  invero,  ha
ad oggetto  la  localizzazione,  la  realizzazione  e  la  successiva
gestione di interventi di  particolare  rilievo  per  l'ambiente,  le
comunita' locali, il loro sviluppo e la salute pubblica. Si tratta di
procedimenti complessi che concernono  la  gestione  tanto  dei  beni
ambientali  quanto  delle  altre  risorse  socio-economiche   di   un
territorio. Tale gestione rileva sia per il profilo  della  «tutela»,
sia per quello della «valorizzazione», che appaiono  inscindibilmente
collegati. Parimenti, le conseguenze dell'intervento non si  misurano
solamente sui beni ambientali, ma anche sulle risorse economiche  del
territorio e sulle relazioni sociali delle comunita' ivi insediate. 
    Tutto cio' considerato, e' evidente che il  procedimento  di  VIA
incide su numerose competenze che lo Statuto di  autonomia  e  l'art.
117, comma 3, Cost., attribuiscono alla Regione Sardegna. 
    Senza pretesa di completezza si possono menzionare: 
    le materie di competenza  primaria  regionale  ex  art.  3  dello
Statuto  «agricoltura  e   foreste»;   «edilizia   ed   urbanistica»;
«trasporti su linee automobilistiche e tramviarie»; «acque minerali e
termali»; «esercizio dei diritti demaniali della regione sulle  acque
pubbliche»; «esercizio dei diritti  demaniali  e  patrimoniali  della
regione relativi alle miniere, cave e saline» e  «turismo,  industria
alberghiera»; 
    le materie di competenza concorrente  ex  art.  4  dello  Statuto
«industria, commercio ed esercizio industriale delle miniere, cave  e
saline»; «produzione e distribuzione dell'energia elettrica»;  «linee
marittime ed aeree di cabotaggio  fra  i  porti  e  gli  scali  della
regione»; «igiene e sanita' pubblica»; 
    le materie di competenza concorrente ex art. 117, comma 3,  Cost.
(applicabile alle regioni speciali ex art. 10 della legge cost. n.  3
del 2001) «tutela e sicurezza del  lavoro»;  «ricerca  scientifica  e
tecnologica e sostegno all'innovazione  per  i  settori  produttivi»;
«tutela  della  salute»;  «protezione  civile»;  «porti  e  aeroporti
civili»; «grandi reti di trasporto e  di  navigazione»;  «produzione,
trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»;  «valorizzazione
dei beni culturali e ambientali». 
    Si deve poi aggiungere che la  valutazione  d'impatto  ambientale
non   e'   costituita   solamente   da    valutazioni    di    ordine
tecnico-scientifico, ma anche di ordine socioeconomico,  nelle  quali
le considerazioni relative  alla  trasformazione  ambientale  vengono
ponderate   con   le   generali   esigenze   socio-economiche   delle
collettivita'  territoriali.  Anche  per  questo  profilo  emerge  la
competenza della regione, quale  ente  esponenziale  della  comunita'
territoriale e  garante  dell'ambito  d'autonomia  e  di  autogoverno
costituzionalmente garantito. 
    Che vi sia tale inestricabile interferenza e  sovrapposizione  di
competenze e' stato riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale. 
    Proprio  pronunciandosi   sulle   procedure   di   adozione   del
provvedimento di VIA nei casi in cui  l'autorita'  competente  e'  la
Regione  Sardegna,  codesta   ecc.ma   Corte   ha   sottolineato   la
«particolare complessita' della VIA», atto nel quale «a verifiche  di
natura tecnica circa la compatibilita' ambientale del  progetto,  che
rientrano nell'attivita' di gestione in senso stretto e  che  vengono
realizzate nell'ambito della fase istruttoria, possono affiancarsi  e
intrecciarsi complesse valutazioni che - nel bilanciare fra loro  una
pluralita' di interessi pubblici quali la  tutela  dell'ambiente,  il
Governo  del  territorio  e  lo   sviluppo   economico   -   assumono
indubbiamente un particolare rilievo politico», tanto da  determinare
«un intreccio di attivita' a carattere gestionale e di valutazioni di
tipo politico» (sent. n. 81 del 2013). 
    Tale pronuncia si pone in piena  continuita'  con  la  precedente
giurisprudenza costituzionale  in  cui  si  e'  riconosciuto  che  la
valutazione   d'impatto   ambientale   e'   «interferente   con   una
molteplicita' di attribuzioni regionali» (sentt. nn.  303  del  2003,
407 e 536 del 2002). 
    Negli  stessi  termini  e'  orientata  anche  la   giurisprudenza
amministrativa, che a piu'  riprese  ha  sottolineato  il  «carattere
ampiamente  discrezionale  che  connota  la  valutazione  di  impatto
ambientale per la pluralita', ampiezza  e  varieta'  degli  interessi
pubblici coinvolti, in parte tra di loro confliggenti» (Cons.  Stato,
Sez. V, sentenza 23 marzo 2015, n. 1564). Tale connotazione e' dovuta
al fatto che «alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre
che delle sue stesse peculiari finalita', la valutazione  di  impatto
ambientale non si sostanzia in una mera verifica  di  natura  tecnica
circa la astratta compatibilita' ambientale  dell'opera,  ma  implica
una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a  valutare  il
sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilita'  socio-economica,
tenuto conto anche delle alternative possibili e dei  riflessi  sulla
stessa c.d. opzione-zero» (Cons. Stato, Sez. V, 31  maggio  2012,  n.
3254; sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246; Sez. V,  22  giugno  2009,  n.
4206; Sez. VI, 17 maggio 2006, n. 2851). 
    Del resto, anche il Governo ha ammesso che  il  decreto  delegato
qui impugnato reca disposizioni che rientrano anche nelle materie  di
competenza delle regioni e  nell'ambito  piu'  esteso  di  competenza
della ricorrente Regione autonoma, atteso che ha richiesto il  parere
della Conferenza Stato-regioni ai sensi dell'art.  2,  comma  3,  del
decreto legislativo n. 281 del 1997, a tenor del quale «la Conferenza
Stato-regioni e' obbligatoriamente sentita in ordine agli  schemi  di
disegni di legge e  di  decreto  legislativo  o  di  regolamento  del
Governo nelle materie di competenza delle regioni  o  delle  Province
autonome di Trento e di Bolzano che si pronunzia entro venti  giorni;
decorso tale termine, i provvedimenti recanti attuazione di direttive
comunitarie sono emanati anche in mancanza di detto parere». 
    Infine, si deve osservare  che  nel  parere  del  Comitato  delle
Regioni dell'Unione europea sullo schema della dir. n. 2014/52/UE, n.
2013/C 2018/07, menzionato nelle premesse della  stessa  direttiva  e
pubblicato in GUUE C 218 del 30  luglio  2013,  si  ricorda  che  «la
modifica della direttiva VIA attualmente all'esame avra' un  notevole
impatto sugli enti locali e regionali, che svolgono un ruolo di primo
piano nell'attuazione delle azioni proposte». 
    Ebbene:  tutto  cio'  considerato,  risulta   evidente   che   il
legislatore delegato era vincolato ai principi  e  criteri  direttivi
imposti dall'art. 32, comma 1, lettera g), della  legge  n.  234  del
2012. Conseguentemente, nel disciplinare il procedimento di  adozione
della VIA statale, il decreto legislativo n.  104  del  2017  avrebbe
dovuto espressamente  prevedere  la  partecipazione  al  procedimento
della Regione ricorrente  per  gli  interventi  che  ricadono  o  che
impattano  nel  territorio  sardo.  Avendo,   invece,   genericamente
previsto  la  consultazione  delle  amministrazioni   «potenzialmente
interessate»,   senza   garantire    la    richiesta    del    parere
dell'Amministrazione regionale, il legislatore delegato ha violato  i
principi e  criteri  direttivi  fissati  dalla  legge  delega  e,  di
conseguenza, ha violato l'art. 76 Cost. 
    Anche per questo profilo, ovviamente, la violazione dell'art.  76
Cost. e dell'art. 117, comma 2, lettera s), Cost., in una con  quella
degli  altri  parametri  costituzionali  sopra  indicati,   determina
un'irragionevole compressione delle sopra elencate  competenze  della
Regione ricorrente ex art. 3 e 4  dello  Statuto  d'autonomia  e  117
Cost. 
    1.4. - Non basta. La previsione dell'art. 32,  comma  1,  lettera
g), della legge n. 234 del 2012, sopra illustrata,  non  aveva  fatto
altro che recepire le indicazioni della giurisprudenza costituzionale
in tema  di  declinazione  del  principio  di  leale  collaborazione,
espressione  degli  articoli  5,  117  e  118  Cost.,  ora,   invece,
disattese. 
    Per costante  giurisprudenza,  infatti,  il  principio  di  leale
collaborazione  impone  al  legislatore   statale   di   regolare   i
procedimenti amministrativi ricadenti in  una  pluralita'  di  ambiti
materiali di competenza sia statale che  regionale  e  di  attribuire
tali procedimenti all'Amministrazione  statale  (eventualmente  anche
tramite  «chiamata  in  sussidiarieta'»),  purche'   siano   previsti
«adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio  concreto  delle
funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali» (sent.
n. 7 del 2016, che di recente ha ulteriormente  consolidato  il  noto
orientamento maturato con la sentenza n. 303 del 2003). 
    La mancata previsione  espressa  dell'obbligo  di  richiedere  il
parere regionale nel procedimento di VIA statale e' dunque  violativi
anche del principio di leale collaborazione. 
    A  tal  proposito  si  deve  ricordare  che   la   giurisprudenza
costituzionale  impone   l'adozione   di   adeguati   meccanismi   di
partecipazione procedimentale delle regioni sia  quando  la  funzione
pubblica regolata si pone «all'incrocio di varie materie,  alcune  di
spettanza delle regioni, altre dello Stato [...] legate  in  un  nodo
inestricabile che non consente di identificare la prevalenza  di  una
sulle altre, dal punto di vista sia  qualitativo,  sia  quantitativo»
(sent. n. 21 del 2016), sia  quando  un  giudizio  di  prevalenza  e'
possibile e si conclude nel senso di ascrivere  la  disciplina  a  un
ambito materiale di competenza legislativa esclusiva dello Stato. 
    In questo senso si puo' menzionare la sentenza n. 230  del  2013,
in tema di determinazione delle modalita' di svolgimento del servizio
di collegamento marittimo con le isole sarde. 
    Pur riconoscendo che, secondo il criterio della prevalenza,  tale
disciplina ricade nell'ambito della «tutela  della  concorrenza»,  di
esclusiva competenza statale, in quella pronuncia l'ecc.ma  Corte  ha
rilevato che «la determinazione delle modalita' e delle condizioni di
svolgimento del servizio di collegamento marittimo avente ad  oggetto
in particolare la Regione autonoma  Sardegna  e'  espressione  di  un
potere, si', statale, in quanto pertinente alla concorrenza,  ma  che
tocca direttamente un interesse differenziato  della  Regione  e  che
interferisce  in  misura  rilevante  sulle  scelte  rientranti  nelle
competenze  della  medesima,   quali   il   turismo   e   l'industria
alberghiera». 
    Anche  in  questo  caso,  dunque,  si  e'  in  presenza  di   una
«sovrapposizione di competenze» che impone al legislatore statale  di
«attribuire adeguato rilievo al principio di leale collaborazione, le
cui  potenzialita'  precettive  si  manifestano  compiutamente  negli
ambiti di intervento nei quali s'intrecciano interessi ed esigenze di
diversa matrice» (cosi' ancora la sentenza n. 230  del  2013,  ma  v.
anche sentenza n. 33 del 2011). 
    Anche in questo caso, pertanto, ancorche' la disciplina della VIA
sia  riconducibile  alla  materia   della   «tutela   dell'ambiente»,
l'incidenza sugli ambiti competenziali regionali (compresi quelli  di
particolare  autonomia  della  ricorrente)  impone   «una   reale   e
significativa partecipazione della Regione» al procedimento, che puo'
essere assicurata solo attraverso  la  garanzia  della  consultazione
regionale. 
    Anche per questo profilo, dunque, la violazione del principio  di
leale  collaborazione  determina   un'irragionevole   e   illegittima
compressione dell'autonomia della ricorrente negli  ambiti  materiali
sopra elencati, ai sensi degli articoli 3 e 4 dello  Statuto  e  117,
comma 3, Cost. 
    1.5. - Non basta ancora. Specificamente illegittimo e' l'art. 13,
comma 1, del decreto legislativo n. 104 del 2017, nella parte in  cui
ha introdotto il novellato art. 24, comma 5, del decreto  legislativo
n. 152 del 2006. 
    Come in parte gia' osservato, detto comma 5  si  compone  di  tre
periodi.  Il  primo  prevede   che   «l'autorita'   competente,   ove
motivatamente ritenga  che  le  modifiche  o  le  integrazioni  siano
sostanziali e rilevanti per  il  pubblico,  dispone,  entro  quindici
giorni dalla ricezione della documentazione  integrativa  di  cui  al
comma 4, che il proponente trasmetta,  entro  i  successivi  quindici
giorni, un nuovo avviso  al  pubblico  [...]  da  pubblicare  a  cura
dell'autorita' competente sul proprio sito web». Il  secondo  periodo
aggiunge  che  «in  relazione  alle  sole  modifiche  o  integrazioni
apportate agli elaborati progettuali e alla documentazione si applica
il termine di trenta giorni per la presentazione delle osservazioni e
la  trasmissione  dei  pareri  delle  Amministrazioni  e  degli  enti
pubblici che hanno ricevuto comunicazione di cui all'art.  23,  comma
4». Infine, il terzo periodo consente al proponente  l'intervento  di
presentare all'autorita' competente le proprie  controdeduzioni  alle
osservazioni  e  ai  pareri  pervenuti  rispetto  all'integrazione  e
modificazione documentale. 
    Le disposizioni ora riportate sono  illegittime  nella  parte  in
cui,  in  caso  di  VIA  statale,  rimettono  alla   discrezionalita'
dell'Amministrazione dello Stato la richiesta di  un  supplemento  di
parere da parte delle altre Amministrazioni consultate (tra le quali,
per  le  ragioni  sopra  illustrate,  deve   necessariamente   essere
contemplata  anche  la  Regione  ricorrente,   per   i   procedimenti
concernenti  gli  interventi  situati  nel  territorio  sardo  o  che
producono effetti ambientali su tale territorio). 
    Al  contrario,  la  valutazione  della  natura   «sostanziale   e
rilevante» delle modifiche e/o delle integrazioni  e  la  conseguente
necessita' di un supplemento di parere  deve  necessariamente  essere
rimessa  alle  Amministrazioni  che  sono   consultate.   Lo   schema
procedimentale fissato dall'art. 13 del decreto  legislativo  n.  104
del 2017, consente l'aggiramento e la svalutazione delle garanzie  di
partecipazione  procedimentale  e  dei   principi   di   informazione
preventiva  e  partecipazione   delle   comunita'   territoriali   al
procedimento, che, come si confida di aver illustrato  nei  paragrafi
precedenti, si impongono al legislatore statale in forza dell'art. 6,
par. 1, della dir. n. 2014/52/UE, degli articoli 1 e 14  della  legge
n. 114 del 2015, dell'art. 32, comma 1, lettera g),  della  legge  n.
234 del 2015, del principio  di  leale  collaborazione  tra  Stato  e
regioni. 
    Solamente    l'Amministrazione    consultata,    infatti,    puo'
adeguatamente considerare se, per i profili di proprio interesse,  le
modifiche e integrazioni documentali e progettuali hanno  un  rilievo
tale da richiedere un supplemento di parere. Tale decisione,  dunque,
non e' di natura meramente formale e procedimentale, ma  coinvolge  i
profili  sostanziali  della  VIA.  Rimettere   la   decisione   sulla
necessita' di un supplemento di consultazione  alla  discrezionalita'
(se non all'arbitrio, dato che l'onere motivazionale e' previsto solo
per la decisione di richiedere il supplemento d'istruttoria e non per
la  decisione  opposta)  dell'Amministrazione   statale   procedente,
dunque,  equivale  a  svuotare  il  senso   stesso   della   garanzia
procedimentale apprestata dal diritto europeo. 
    Per tale ragione,  e  in  forza  della  violazione  dei  medesimi
parametri gia' sopra  indicati,  l'art.  24,  comma  5,  del  decreto
legislativo n. 104 del 2017, come novellato dall'art.  13,  comma  1,
del decreto  legislativo  n.  104  del  2017,  e'  costituzionalmente
illegittimo nella parte in cui non prevede che, in caso di  modifiche
o integrazioni della documentazione da parte  del  proponente  di  un
intervento  sottoposto  a  VIA  in  sede  statale  (che  ricade   nel
territorio regionale sardo o che produce impatti ambientali  in  tale
territorio),  alla  Regione  ricorrente  sia  sempre  consentito   di
formulare ulteriori osservazioni e pareri. 
    In  particolare,  il  mancato  riconoscimento  di  tale  garanzia
procedimentale determina: 
    la violazione dell'art. 76 Cost.,  per  violazione  dei  principi
direttivi espressi dall'art. 1, par. 6,  della  dir.  n.  2014/52/UE,
nonche' dall'art. 32, comma 1, lettera g), della  legge  n.  234  del
2012, richiamato dall'art. 1 della legge n. 114 del 2015; 
    l'illegittimo esercizio della competenza legislativa  statale  in
materia di «tutela dell'ambiente», ex art. 117, comma 2, lettera  s),
Cost.; 
    la violazione dei  principi  di  ragionevolezza,  buon  andamento
della p.a. e leale collaborazione tra Stato e regione, ex articoli 3,
5, 97, 117 e 118 Cost. 
    Tali  vizi,  si   ribadisce,   determinano   un'irragionevole   e
illegittima  compressione  dell'autonomia  regionale,  negli   ambiti
materiali di competenza legislativa primaria e  concorrente  elencati
supra, sub par. 1.3., ai sensi degli articoli 3  e  4  dello  Statuto
d'autonomia e 117, comma 3, Cost. 
2. - Illegittimita' costituzionale degli articoli  5,  22  e  26  del
decreto legislativo n. 104 del 2017. Violazione dell'art.  76  Cost.,
in riferimento agli articoli 1 e 14 della legge n.  114  del  2015  e
agli articoli 117, commi 2 e 3, Cost. e 3 e 4 della legge cost. n.  3
del 1948, recante «Statuto speciale per la Sardegna». Come illustrato
in narrativa, gli articoli 5 e 22 del decreto legislativo n. 104  del
2017 regolano la ripartizione delle  competenze  per  lo  svolgimento
della valutazione  dell'impatto  ambientale  e  per  la  verifica  di
assoggettabilita' alla VIA. 
    2.1. - In particolare, l'art. 5 del decreto  legislativo  n.  104
del 2017 ha introdotto nel decreto legislativo n. 152 del 2006 l'art.
7-bis, rubricato «Competenze in materia  di  VIA  e  di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA». L'art. 5 e' oggetto d'impugnazione  laddove
introduce i commi 2 e 3 dell'art. 7-bis, i quali, ai fini del riparto
di competenze, rinviano agli elenchi di cui agli allegati alla  parte
seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006  e,  in  particolare,
all'all. II per l'elenco dei progetti  sottoposti  a  VIA  statale  e
all'all. Il-bis per l'elenco  di  quelli  sottoposti  a  verifica  di
assoggettabilita' a VIA in sede statale (comma 2); all'all.  III  per
l'elenco dei progetti sottoposti a VIA in sede regionale  e  all'all.
IV per l'elenco di quelli sottoposti a verifica di  assoggettabilita'
a VIA in sede regionale (comma 3). 
    L'art. 22 del decreto legislativo n. 104 del 2017, poi,  reca  le
modifiche  agli  allegati  alla  parte  seconda.  Rilevano   qui   in
particolare il comma 1, che ha modificato l'all. II; il comma 2,  che
ha introdotto l'all. Il-bis; il comma 3,  che  ha  modificato  l'all.
III; il comma 4, che ha modificato l'all. IV. 
    Come accennato in narrativa, si deve osservare che, salve  alcune
riformulazioni di precedenti voci degli elenchi (cfr. art. 22,  comma
1, lettera g) e h)) le modifiche introdotte agli elenchi  sono  tutte
in  senso  «unidirezionale»:  il  ruolo  delle   regioni   e'   stato
depotenziato,    con    contestuale    aumento    delle    competenze
dell'Amministrazione   statale.   Significativo   e'    l'inserimento
dell'all. II-bis (interventi soggetti a verifica di assoggettabilita'
in sede  statale),  le  cui  voci  erano  pressoche'  tutte  inserite
nell'all. IV, recante l'elenco degli interventi soggetti  a  verifica
di assoggettabilita' in sede regionale. 
    Nel  dettaglio  (e  anche   onde   escludere   in   radice   ogni
contestazione sull'interesse alla censura e, in ogni caso, sulla  sua
ammissibilita'), si deve osservare quanto segue. 
    Quanto all'art. 22, comma l, del decreto legislativo n.  104  del
2017, determinano lo  spostamento  dalla  competenza  regionale  alla
competenza statale le seguenti voci: 
    lettera a)  («impianti  termici  per  la  produzione  di  energia
elettrica, vapore e  acqua  calda  con  potenza  termica  complessiva
superiore a 150 MW; impianti eolici  per  la  produzione  di  energia
elettrica sulla terraferma con potenza  complessiva  superiore  a  30
MW»); 
    lettera b) (soppressione delle parole «facenti parte  della  rete
elettrica di trasmissione nazionale»  dopo  le  parole  «elettrodotti
aerei  per  il  trasporto  di  energia  elettrica»,  con  conseguente
estensione dell'ambito di competenza statale); 
    lettera e) («7-quinquies) attivita'  di  ricerca  e  coltivazione
delle  seguenti  sostanze  minerali..   minerali   utilizzabili   per
l'estrazione  di  metalli,  metalloidi  e  loro  composti;   grafite,
combustibili  solidi,  rocce  asfaltiche   e   bituminose;   sostanze
radioattive»); 
    lettera f), limitatamente al terzo sottopunto «stoccaggio:  [...]
sotterraneo artificiale di  gas  combustibili  in  serbatoi  con  una
capacita' complessiva superiore a 80.000 m3»; 
    lettera i) («porti con funzione turistica e da diporto quando  lo
specchio  d'acqua  e'  superiore  a  10  ettari  o  le  aree  esterne
interessate superano i 5 ettari  oppure  i  moli  sono  di  lunghezza
superiore ai 500 metri»); 
    lettera l) (inserimento delle  parole  «e  nell'allegato  III  al
presente decreto» dopo le parole «impianti per la cattura  di  flussi
di CO2 provenienti da impianti che rientrano nel presente  allegato»,
con conseguente aumento della competenza statale, comprendente  anche
gli impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da  impianti
soggetti a VIA in sede regionale, prima menzionati nell'all. III). 
    Quanto all'art. 22, comma 2, recante  l'elenco  degli  interventi
sottoposti a verifica di assoggettabilita' a  VIA  in  sede  statale,
determinano lo spostamento dalla competenza regionale alla competenza
statale tutte le voci in elenco, salvo quella sub  2g  («coltivazione
di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per  un
quantitativo estratto fino a 500 tonnellate al giorno per il petrolio
e a 500.000 m3 al giorno per il gas naturale»). 
    Quanto all'art. 22, comma 3, rileva la lettera b), nella parte in
cui, riformulando la lettera  af-bis)  dell'all.  III,  determina  la
soppressione della voce «impianti per la cattura  di  flussi  di  CO2
provenienti da impianti che rientrano nel  presente  allegato»  (voce
che, come gia' segnalato, e' stata rimessa alla competenza  statale).
Quanto all'art. 22, comma 4, rileva la lettera  b),  nella  parte  in
cui, riformulando il punto 2 dell'elenco, determina  la  soppressione
delle voci «impianti termici per la produzione di energia  elettrica,
vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore  a  50
MW»; «impianti industriali per il trasporto del gas,  che  alimentano
condotte  con  una  lunghezza  complessiva  superiore  ai   20   km»;
«installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il  trasporto
di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico  superiori  a  20
km» (voci anche queste trasferite alla competenza  statale),  nonche'
la lettera c), che definisce la competenza regionale  sulla  verifica
di assoggettabilita' a VIA delle strade extraurbane secondarie in via
residuale, escludendo  quelle  «comprese  nell'allegato  II-bis»,  di
competenza statale. 
    Gli spostamenti all'ambito rimesso  all'attivita'  amministrativa
statale sono  completati  con  la  corrispondente  abrogazione  delle
lettere c), h), h-bis), l), z) ed ab) dell'all. III e dei punti 7.e),
7.f), 7.g), 7.m), 7.p), 7.q) e 7.z) dell'all. IV alla  parte  seconda
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, abrogazione  qui  pure
censurata. 
    Questa riduzione delle competenze dell'Amministrazione  regionale
determina  un'ulteriore  compressione  delle  attribuzioni  regionali
definite dagli articoli 3 e 4 dello Statuto e dall'art. 117, comma 3,
Cost., gia' elencate al precedente par. 1.3 (cui si rinvia per dovere
di sintesi) che vengono in rilievo nei procedimenti  complessi  quale
quello di valutazione d'impatto ambientale. E' per tale  ragione  che
la Regione ha interesse a censurare le disposizioni  ora  menzionate,
atteso  che  l'accoglimento  del  presente   ricorso   determinerebbe
un'estensione dell'ambito di autonomia regionale, facendo  valere  il
corretto assetto delle competenze, per come regolato  dagli  articoli
117, commi 2 e 3 Cost. e 3 e 4 dello Statuto sardo. 
    2.2. - Tutto cio' premesso, si deve osservare che il  legislatore
statale  delegato  non  aveva  alcun  titolo  per  determinare   tale
spostamento di competenze  dall'Amministrazione  regionale  a  quella
statale. 
    Nei principi e  criteri  direttivi  manca  qualsiasi  riferimento
all'ipotesi di modificazione del riparto di  competenze  tra  le  due
Amministrazioni. Tale modificazione non e' prevista dall'art. 1 della
legge n. 114 del 2015 ne' dal successivo art. 14, in cui sono dettati
i principi e criteri direttivi specifici  per  il  recepimento  della
dir. n. 2014/52/UE. 
    Come gia' indicato in  narrativa,  la  lettera  a)  dell'art.  14
contempla la  «semplificazione,  armonizzazione  e  razionalizzazione
delle  procedure  di  valutazione  di  impatto  ambientale  anche  in
relazione al coordinamento e  all'integrazione  con  altre  procedure
volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale».
A tal proposito e' del tutto  evidente  che  la  modificazione  delle
competenze  non  e'  di  per   se'   elemento   di   semplificazione,
armonizzazione e razionalizzazione delle  procedure  di  VIA.  Ne'  -
ovviamente - lo e', di per se' l'accentramento, ne', ancora,  l'esame
dei progetti in sede regionale osta all'integrazione dei procedimenti
al fine del rilascio dei pareri e delle autorizzazioni ambientali. 
    Lo stesso dicasi per quanto concerne la  successiva  lettera  b),
nella quale e' menzionato  il  «rafforzamento  della  qualita'  della
procedura di  valutazione  di  impatto  ambientale,  allineando  tale
procedura ai  principi  della  regolamentazione  intelligente  (smart
regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre  normative  e
politiche europee e nazionali». La qualita' delle procedure, infatti,
non e'  incisa  dal  fatto  che  l'Autorita'  competente  sia  quella
regionale e prova ne e' proprio la  circostanza  che  il  legislatore
statale si e' ben guardato dal sopprimere tutte le funzioni regionali
in tema di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA. 
    Infine, del tutto estranei allo spostamento delle competenze sono
i successivi principi  e  criteri  direttivi  sub  lettera  c)  e  d)
dell'art. 14, che hanno  ad  oggetto  esclusivamente  il  tema  delle
procedure sanzionatorie. 
    Parimenti, il tema della competenza accentrata  o  decentrata  e'
estraneo alle disposizioni  della  direttiva  recepita,  che  non  fa
alcuna distinzione ne' fornisce alcuna  indicazione  in  merito.  Del
resto, e' noto l'orientamento della Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea  che,  anche  pronunciandosi  sulle  procedure  di  VIA,   ha
ricordato che ogni Stato membro e' «libero di  ripartire  come  crede
opportuno le competenze normative sul piano interno», purche' non sia
pregiudicato «l'obiettivo perseguito dalla direttiva, con la quale si
vuole fare in modo che non sfugga alla valutazione  d'impatto  nessun
progetto idoneo ad avere un notevole impatto sull'ambiente  ai  sensi
della direttiva» (CGUE, sentenza 10 giugno 2004, C-87/02, Commissione
c./ Italia, EU:C:2004:363, parr. 38 e 44). 
    Tutto cio' considerato, e' evidente che al caso  di  specie  puo'
applicarsi il consolidato orientamento giurisprudenzialc in  tema  di
«delega al riassetto o riordino» di plessi normativi, che consente la
modifica del riparto delle competenze tra Stato e  regioni  solo  nel
caso  in  cui  la  legge  di  delegazione  lo  abbia   esplicitamente
consentito. 
    A tal proposito  si  puo'  menzionare  la  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 80 del 2012, in cui  l'ecc.ma  Corte  ha  censurato
l'adozione, tramite decreto delegato, di norme concernenti i rapporti
Stato-regioni, atteso che per tale  campo  di  interventi  «non  puo'
valere una generica delegazione al Governo ad operare un riassetto di
norme  statali,  ma  sono  necessari  principi  e  criteri  direttivi
appositi, mirati alla regolamentazione interordinamentale di  singole
materie, ognuno delle  quali  presenta  specificita'  da  considerare
partitamente, non compatibili con principi  e  criteri  direttivi  di
natura formale e metodologica». 
    Degna di nota e' anche la sentenza n. 50 del 2014, in cui codesta
ecc.ma Corte ha ricordato che «nei casi in cui  il  Parlamento  abbia
ritenuto di delegare al Governo il compito di procedere al  riassetto
di  determinati  settori  normativi,  l'esercizio,   da   parte   del
legislatore delegato, di "poteri innovativi della formazione vigente,
non  strettamente   necessari   in   rapporto   alla   finalita'   di
ricomposizione sistematica perseguita", deve  ritenersi  circoscritto
entro limiti rigorosi», con la  conseguenza  che  «l'introduzione  di
soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema  legislativo
previgente puo' ritenersi ammissibile soltanto nel caso in cui  siano
stabiliti principi e criteri  direttivi  idonei  a  circoscrivere  la
discrezionalita' del legislatore delegato». 
    Nel caso di specie, invece, come si  e'  detto,  dato  che  nella
legge di delegazione difettava qualsiasi riferimento al riassetto dei
rapporti Stato-regioni, il legislatore delegato non aveva un'adeguata
base normativa per dispone la sottrazione  di  ambiti  di  competenza
all'Amministrazione regionale. Risulta evidente, dunque, l'eccesso di
delega  e  la  conseguente  incostituzionalita'  delle   disposizioni
impugnate. 
    Anche per questo profilo, come gia' si e'  detto,  la  violazione
dell'art.  76  Cost.  e  l'illegittimo  esercizio  della   competenza
legislativa in materia di «tutela dell'ambiente» ex art.  117,  comma
2, lettera s),  Cost.,  determinano  un'illegittima  e  irragionevole
compressione delle competenze della ricorrente  elencate  sopra,  sub
par. 1.3., garantite dagli articoli 3 e 4 dello Statuto e 117,  comma
3, Cost. 
3. - Illegittimita' costituzionale degli articoli 3, 8, 14, 16  e  17
del decreto legislativo n. 104 del 2017. Violazione dell'art. 3 della
legge  cost.  n.  3  del  1948,  recante  «Statuto  speciale  per  la
Sardegna». Violazione dell'art. 6 del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 22 maggio 1975, n. 480. Violazione del principio di  leale
collaborazione ex articoli 5, 117 e 118  Cost.  Violazione  dell'art.
117 Cost. Violazione dell'art. 76 Cost.  in  riferimento  all'art.  1
della legge n. 114 del 2015 e all'art. 32  della  legge  n.  234  del
2012. Violazione dei principi  di  ragionevolezza  e  buon  andamento
della pubblica amministrazione, ex articoli 3 e 97 Cost. 
    Come accennato in narrativa,  diverse  disposizioni  del  decreto
legislativo  n.  104  del  2017  prevedono   la   partecipazione   al
procedimento di VIA (e/o  ai  procedimenti  connessi)  da  parte  del
Ministero dei beni e delle attivita' culturali e del  turismo,  nella
qualita'  di  Amministrazione   incaricata   della   protezione   del
paesaggio. 
    Il  riferimento  e'  alle  seguenti  disposizioni   del   decreto
legislativo impugnato: 
    a) art. 3, comma 1,  lettera  g),  ove  si  dispone  che  «Per  i
progetti o parti di progetti aventi quale unico obiettivo  la  difesa
nazionale e per i progetti aventi quali unico obiettivo  la  risposta
alle emergenze che  riguardano  la  protezione  civile,  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  di  concerto
con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e  del  turismo,
dopo una valutazione caso  per  caso,  puo'  disporre,  con  decreto,
l'esclusione di tali progetti dal campo di applicazione  delle  norme
di cui al titolo  III  della  parte  seconda  del  presente  decreto,
qualora ritenga che tale applicazione possa pregiudicare  i  suddetti
obiettivi»; 
    b) art. 3, comma 1, lettera h), ove si prevede che  «Fatto  salvo
quanto previsto dall'art.  32  [ovverosia  i  casi  di  consultazione
transfrontaliera], il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare puo', in casi eccezionali,  previo  parere  del
Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, esentare
in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni  di  cui
al titolo III della  parte  seconda  del  presente  decreto,  qualora
l'applicazione  di  tali  disposizioni  incida  negativamente   sulla
finalita'  del  progetto,  a  condizione  che  siano  rispettati  gli
obiettivi  della  normativa  nazionale  ed  europea  in  materia   di
valutazione di impatto ambientale»; 
    c) art. 8, nella parte in cui modifica l'art. 19,  comma  8,  del
decreto legislativo n. 152 del  2006,  a  tenor  del  quale  «qualora
l'autorita' competente stabilisca di non assoggettare il progetto  al
procedimento di VIA, specifica i motivi principali  alla  base  della
mancata  richiesta  di  tale  valutazione  in  relazione  ai  criteri
pertinenti elencati nell'allegato V, e, ove richiesto dal proponente,
tenendo conto delle eventuali osservazioni del Ministero dei  beni  e
delle attivita' culturali e del turismo per i profili di  competenza,
specifica le condizioni ambientali necessarie per evitare o prevenire
quelli che potrebbero  altrimenti  rappresentare  impatti  ambientali
significativi e negativi»; 
    d) art. 14, nella parte in cui modifica l'art. 25, comma  2,  del
decreto legislativo n. 152 del 2006, ove si prevede che, «Nel caso di
progetti di  competenza  statale  l'autorita'  competente,  entro  il
termine  di  sessanta  giorni  dalla  conclusione  della   fase   di'
consultazione di cui all'art. 24, propone al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare l'adozione  del  provvedimento
di VIA. Qualora sia necessario procedere ad accertamenti  e  indagini
di  particolare  complessita',  l'autorita'  competente,   con   atto
motivato, dispone il prolungamento della fase di valutazione  sino  a
un  massimo  di  ulteriori  trenta  giorni,   dando   tempestivamente
comunicazione per via telematica  al  proponente  delle  ragioni  che
giustificano la proroga e del termine  entro  cui  sara'  emanato  il
provvedimento.  Nel  caso  di   consultazioni   transfrontaliere   il
provvedimento di VIA e' proposto all'adozione del Ministro  entro  il
termine di cui all'art. 32, comma 5-bis. Il Ministro dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del mare provvede entro il  termine  di
sessanta  giorni  all'adozione  del  provvedimento  di  VIA,   previa
acquisizione del concerto del Ministro dei  beni  e  delle  attivita'
culturali  e  del  turismo  da  rendere  entro  trenta  giorni  dalla
richiesta»; 
    e) art. 16, nella parte in cui modifica l'art. 27, comma  8,  del
decreto legislativo n. 152 del 2006, ove  si  prescrive  che,  «fatto
salvo il rispetto dei termini previsti dall'art. 32, comma 2, per  il
caso di consultazioni  transfrontaliere,  entro  dieci  giorni  dalla
scadenza del termine di conclusione della consultazione ovvero  dalla
data  di  ricevimento  delle  eventuali   integrazioni   documentali,
l'autorita' competente convoca una conferenza di servizi  alla  quale
partecipano il proponente e tutte  le  amministrazioni  competenti  o
comunque potenzialmente interessate al rilascio del provvedimento  di
VIA e dei titoli abilitativi  in  materia  ambientale  richiesti  dal
proponente. La conferenza di servizi si svolge secondo  le  modalita'
di cui all'articolo 14-ter, commi 1, 3, 4, 5, 6 e 7,  della  legge  7
agosto 1990, n. 241. Il  termine  di  conclusione  dei  lavori  della
conferenza di servizi e' di duecentodieci giorni,  La  determinazione
motivata di conclusione della conferenza di servizi, che  costituisce
il provvedimento unico  in  materia  ambientale,  reca  l'indicazione
espressa del provvedimento di  VIA  ed  elenca,  altresi',  i  titoli
abilitativi  compresi  nel  provvedimento  unico.  La  decisione   di
rilasciare i titoli di cui al comma  2  e'  assunta  sulla  base  del
provvedimento di VIA, adottato dal  Ministro  dell'ambiente  e  della
tutela del territorio e del mare, di concerto  con  il  Ministro  dei
beni e delle attivita' culturali e del turismo,  ai  sensi  dell'art.
25»; 
    f) art. 17, nella parte in cui modifica l'art. 28, comma  2,  del
decreto legislativo n. 152 del 2006, a tenor del  quale  «l'autorita'
competente, in collaborazione con  il  Ministero  dei  beni  e  delle
attivita' culturali e del  turismo.  per  i  profili  di  competenza,
verifica l'ottemperanza delle condizioni ambientali di cui al comma 1
al  fine  di  identificare  tempestivamente  gli  impatti  ambientali
significativi e negativi imprevisti e di adottare le opportune misure
correttive». 
    3.1. - Le disposizioni  sopra  elencate  sono  illegittime  nella
parte in cui, per i procedimenti concernenti interventi da realizzare
nel territorio sardo o  che  su  di  esso  possono  produrre  impatti
ambientali, non  prevedono  la  partecipazione  procedimentale  della
Regione Sardegna. 
    Si deve ricordare che la Regione ricorrente e'  titolare  di  una
particolare competenza in materia di tutela del paesaggio,  ai  sensi
degli articoli 3 dello Statuto e 6 del decreto del  Presidente  della
Repubblica  n.  480  del  1975.  Il  decreto  del  Presidente   della
Repubblica n. 480 del  1975,  infatti,  reca  disposizioni  attuative
dello    Statuto    d'autonomia    regionale    e    ha    trasferito
all'Amministrazione regionale le attribuzioni  del  Ministero  per  i
beni  e  le  attivita'  culturali  in  materia   di   «redazione»   e
«approvazione dei piani territoriali paesistici». 
    A tal proposito l'ecc.ma Corte costituzionale  ha  osservato  che
«la Regione Sardegna dispone, nell'esercizio delle proprie competenze
statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche  del  potere  di
intervenire in relazione ai profili di tutela  paesistico-ambientale.
Cio' sia sul piano amministrativo che sul piano legislativo (in forza
del cosiddetto «principio del parallelismo» di cui all'art.  6  dello
statuto speciale)» (sent. n. 51 del 2006). 
    In virtu' di tale specifica competenza, la Regione Sardegna puo',
«nell'esercizio  della  propria  competenza   legislativa   primaria,
intervenire sulla regolamentazione paesaggistica» dei beni di  pregio
paesaggistico, ancorche' nel rispetto delle  disposizioni  di  tutela
fissate dal legislatore statale (sent. n. 308 del 2013). 
    Tale  competenza  e'  di  particolare  rilievo  nell'ambito   del
procedimento di VIA, atteso che: 
    i) uno degli elementi fondamentali della valutazione dell'impatto
ambientale   e'   anzitutto   quello   della   considerazione   della
localizzazione dell'intervento stesso; 
    ii) la localizzazione dell'intervento incide nell'esercizio della
competenza  legislativa  primaria  della  ricorrente  in  materia  di
«edilizia  e  urbanistica»  (art.  3,  comma  1,  lettera  f),  dello
Statuto), competenza che, come sopra segnalato, si estende ai profili
di tutela paesaggistica. 
    Tutto cio' premesso e considerato, e' del tutto evidente che, per
i procedimenti concernenti gli interventi che ricadono nel territorio
sardo o che possono produrre  impatti  su  di  esso,  il  legislatore
statale  non   puo'   limitarsi   a   prevedere   la   partecipazione
procedimentale del Ministero dei beni e delle attivita' culturali, ma
deve  garantire  anche  alla  Regione  ricorrente   uno   spazio   di
partecipazione avente la medesima efficacia giuridica  assicurata  al
MIBACT. 
    Tale partecipazione procedimentale si impone anche in ossequio al
principio di leale collaborazione, espressione degli articoli 5,  117
e 118  Cost.  Come  gia'  illustrato  sopra,  infatti,  nel  caso  di
sovrapposizione di competenze tra Stato e regioni, anche nel caso  in
cui il «giudizio di prevalenza» consenta di ascrivere la disciplina a
una materia di competenza esclusiva statale, il  legislatore  statale
deve    approntare    adeguati    strumenti     di     partecipazione
dell'Amministrazione regionale. 
    Alle medesime considerazioni si perviene alla luce dei principi e
criteri direttivi per l'esercizio della delega sanciti dall'art.  32,
comma 1,  lettera  g),  della  legge  n.  234  del  2012,  richiamato
dall'art. 1 della legge di delegazione n. 114  del  2015.  Come  gia'
osservato in precedenza, infatti,  ivi  si  prevede  l'individuazione
delle «opportune forme di coordinamento» procedimentale per i casi di
coinvolgimento delle competenze di piu' amministrazioni. 
    3.2. - Tutto cio' premesso, risultano specificamente  illegittime
le seguenti disposizioni: 
    i) l'art. 3, comma 1, lettera g); l'art. 14, nella parte  in  cui
modifica l'art. 25, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006;
e l'art. 16, nella parte in cui modifica  l'art.  26,  comma  8,  del
decreto legislativo n. 152 del  2006,  nella  parte  in  cui,  per  i
rispettivi procedimenti, prevedono il «concerto» del  solo  Ministero
dei beni e delle attivita' culturali e non della Regione Sardegna; 
    ii) l'art. 3, comma 1, lettera h), e l'art. 8, nella parte in cui
modifica l'art. 19, comma 8, del decreto legislativo n. 152 del 2006,
nella parte in cui,  per  i  rispettivi  procedimenti,  prevedono  il
«parere» del solo MIBACT e non della Regione Sardegna; 
    iii) l'art. 17, nella parte in cui modifica l'art. 28,  comma  2,
del decreto legislativo n. 152 del 2006, nella parte in cui,  per  il
procedimento di verifica dell'ottemperanza alle condizioni ambientali
imposte nel provvedimento di VIA,  prevede  la  «collaborazione»  del
solo MIBACT e non della Regione Sardegna. 
    Tali disposizioni sono viziate: 
    per violazione dell'art. 3 dello Statuto sardo e dell'art. 6  del
decreto del Presidente della Repubblica  n.  480  del  1975,  perche'
ledono  le  competenze  regionali  in  materia  di   «urbanistica   e
edilizia», estese alla tutela paesaggistica; 
    per violazione del principio di leale collaborazione ex  articoli
5, 117 e 118 Cost., perche' il legislatore statale non ha predisposto
adeguati meccanismi collaborativi nel  disciplinare  un  procedimento
nel quale si verifica una particolare sovrapposizione  di  competenze
statali e regionali; 
    per eccesso di delega e per violazione dell'art. 76 Cost.,  quale
conseguenza della violazione dei principi e criteri direttivi sanciti
dall'art. 32, comma 1, lettera g),  della  legge  n.  234  del  2012,
richiamato dall'art. 1 della legge di delegazione n.  114  del  2015,
che  impongono  anch'essi  la  previsione  di  opportune   forme   di
coordinamento tra amministrazioni statali e regionali; 
    per violazione dei principi di ragionevolezza  e  buon  andamento
dell'amministrazione pubblica, in quanto il legislatore  statale  non
ha garantito la partecipazione al procedimento di tutti  gli  enti  e
organismi che sono titolari di una specifica competenza rilevante per
l'esercizio  delle  funzioni   pubbliche   disciplinate,   con   cio'
determinando un'illegittima compressione della competenza legislativa
regionale nella materia «urbanistica ed edilizia»  ex  art.  3  dello
Statuto, estesa ai profili di tutela paesaggistica ai sensi dell'art.
6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975. 
    3.3. - Un  ulteriore  profilo  di  censura  si  deve  rapidamente
illustrare quanto all'art.  3,  comma  1,  lettera  g),  del  decreto
legislativo n. 104 del 2017. Ivi, come sopra indicato, si prevede  la
possibilita' di sottrarre alla VIA gli interventi «aventi quali unico
obiettivo la risposta alle emergenze  che  riguardano  la  protezione
civile». 
    A tal proposito si deve ricordare che la «protezione  civile»  e'
materia di competenza concorrente ai sensi dell'art.  117,  comma  3,
Cost. (applicabile anche alla ricorrente ai sensi dell'art. 10  della
legge cost. n. 3 del 2001). Ne consegue che, per le medesime  ragioni
segnalate al paragrafo precedente, tale disposizione  e'  illegittima
per violazione dell'art. 117, comma 3 Cost.,  in  una  coi  parametri
sopra indicati, nella parte in cui non prevede che  la  decisione  di
deroga sia assunta anche d'intesa con la Regione, in virtu' della sua
specifica competenza in materia. 
    3.4. - Si confida di aver dimostrato nei paragrafi che  precedono
che le disposizioni impugnate sono illegittime nella parte in cui non
prevedono un coinvolgimento delle  regioni  al  medesimo  livello  di
intensita' e di efficacia giuridica assicurato al MIBACT. In  via  di
estremo subordine, nella denegata ipotesi che  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale non ritenga di dover sancire il perfetto  parallelismo
tra le attribuzioni del MIBACT e quelle della Regione ricorrente  nei
particolari procedimenti sopra indicati, si chiede che  sia  comunque
garantita nello svolgimento di tutte  quelle  funzioni  pubbliche  la
necessaria  partecipazione  procedimentale  almeno  nella  forma  del
parere da richiedersi obbligatoriamente alla Regione Sardegna. 
4. - Illegittimita' costituzionale degli articoli 3, 5, 8, 9, 12, 13,
14, 16, 17, 22  e  26  del  decreto  legislativo  n.  104  del  2017.
Violazione del principio di leale collaborazione ex articoli 5, 117 e
118 Cost., per un ulteriore profilo. Violazione degli articoli 3 e  4
della legge cost. n. 3 del 1948 e 117 Cost. 
    Come si confida di aver adeguatamente illustrato nelle pagine che
precedono, la ricorrente non ha inteso contestare la  competenza  del
legislatore statale nel regolare il procedimento  di  valutazione  di
impatto ambientale e di verifica di assoggettabilita' alla  VIA.  Ha,
pero', lamentato che, per  una  pluralita'  di  profili,  e'  mancata
l'adeguata  considerazione  delle  competenze  e  delle  attribuzioni
regionali,  che  si  sarebbero  potute  correttamente   salvaguardare
attraverso  i  consueti  strumenti  di  coordinamento,  ispirati   al
principio di leale collaborazione tra lo Stato e la Regione Sardegna. 
    In una prospettiva analoga si deve qui  lamentare  la  violazione
del principio di  leale  collaborazione  per  un  ulteriore  profilo,
concernente lo stesso procedimento di adozione del  decreto  delegato
impugnato. 
    4.1. - A tal proposito, valgono qui le indicazioni della sentenza
n. 251 del 2016, con la  quale  codesta  ecc.ma  Corte  ha  precisato
l'ambito  di  applicazione  del  principio  di  leale  collaborazione
nell'esercizio della delega legislativa, affermando  che,  «la'  dove
[...] il legislatore delegato si accinge  a  riformare  istituti  che
incidono  su  competenze  statali  e   regionali,   inestricabilmente
connesse, sorge la necessita' del ricorso all'intesa», che si  impone
«quale cardine della leale collaborazione anche  quando  l'attuazione
delle disposizioni dettate  dal  legislatore  statale  e'  rimessa  a
decreti  legislativi  delegati,  adottati  dal  Governo  sulla   base
dell'art. 76 Cost.». 
    Piu'  in  particolare,  nella  medesima  sentenza  la  Corte   ha
affermato che il ricorso all'intesa  (oppure  agli  altri  «strumenti
[...] idonei» ad assicurare «la coerenza dell'intero procedimento  di
attuazione della delega, senza sottrarlo alla collaborazione  con  le
regioni») non e'  necessario  nel  caso  di  disposizioni  «che  pure
intersecano sfere di attribuzione regionale»,  ma  costituiscono  «in
via prevalente espressione di una competenza statale» esclusiva (par.
4.1.1.), mentre e' doveroso ove risulti un «concorso  di  competenze,
inestricabilmente connesse, nessuna delle quali si rivela prevalente,
ma  ciascuna  delle  quali  concorre  alla  realizzazione  dell'ampio
disegno di riforma della dirigenza pubblica» (par. 4.2.1.). 
    Ebbene: come gia' si e' osservato nel precedente par. 1.2., nella
valutazione d'impatto  ambientale  si  determina  quell'inestricabile
sovrapposizione di competenze che, secondo i principi della  sentenza
n. 251 del 2016, impongono di fare capo all'intesa  nel  procedimento
di attuazione della delega legislativa (cfr. ancora la sentenza n. 81
del 2013, in cui l'ecc.ma Corte  ha  ricordato  che,  nella  VIA,  «a
verifiche di natura tecnica circa la  compatibilita'  ambientale  del
progetto, che rientrano nell'attivita' di gestione in senso stretto e
che vengono realizzate nell'ambito della  fase  istruttoria,  possono
affiancarsi e intrecciarsi complesse valutazioni che - nel bilanciare
fra loro  una  pluralita'  di  interessi  pubblici  quali  la  tutela
dell'ambiente, il governo del territorio e lo  sviluppo  economico  -
assumono indubbiamente un particolare rilievo politico»). 
    4.2. - In ogni caso, quand'anche si ritenesse che,  nel  caso  di
specie, dalla sovrapposizione di competenze possa  comunque  emergere
un «giudizio di prevalenza»  in  favore  della  competenza  esclusiva
statale in materia di «tutela dell'ambiente», ex art. 117,  comma  2,
lettera s), Cost., il ricorso all'intesa tra lo Stato  e  la  Regione
ricorrente  per  l'adozione  del  decreto  delegato   qui   impugnato
rimarrebbe comunque necessaria. 
    Come e' stato gia' segnalato sopra, infatti, codesta ecc.ma Corte
costituzionale, nella sentenza  n.  230  del  2013,  ha  riconosciuto
l'obbligo  per  lo  Stato  di  rispettare  il  principio   di   leale
collaborazione, nella declinazione dell'intesa c.d. «forte», in  caso
di  discipline  che  coinvolgono  gli  interessi  e   le   competenze
regionali, ancorche' si possano ascrivere, in virtu' del giudizio  di
prevalenza, a una materia di competenza legislativa esclusiva statale
(era il caso della «determinazione delle modalita' e delle condizioni
di svolgimento  del  servizio  di  collegamento  marittimo»,  che  e'
«espressione di un potere [...] statale, in  quanto  pertinente  alla
concorrenza, ma che tocca  direttamente  un  interesse  differenziato
della Regione e che interferisce in  misura  rilevante  sulle  scelte
rientranti nelle  competenze  della  medesima,  quali  il  turismo  e
l'industria alberghiera»). 
    Anche  in  questo  caso,  dunque,  si  richiede  una   «reale   e
significativa partecipazione della regione», che  «non  e'  garantita
dalla formula «sentite le regioni interessate» della norma censurata,
che si limita ad imporre la mera acquisizione del parere, risultando,
invece,  necessario  un  procedimento  che   assicuri   un   efficace
coinvolgimento  della  regione  e  che  evoca,  quindi,   la   figura
dell'intesa fra i due enti». 
    4.3. - Nel caso di specie, come gia' accennato in narrativa,  non
solo non si e' proceduto all'intesa tra le parti, ma lo  Stato,  dopo
aver acquisito il «parere favorevole condizionato»  della  Conferenza
Stato-regioni (atto rep.  n.  61/ESR  del  4  maggio  2017),  non  ha
ritenuto  di   attivare   le   doverose   ulteriori   «procedure   di
consultazione» intese al «superamento delle divergenze, basate  sulla
reiterazione delle trattative o su specifici strumenti di mediazione»
(sentenze numeri 1 e 251 del 2016 e 121 del 2010). Al  contrario,  il
Governo ha  sostanzialmente  confermato  il  testo  dello  schema  di
decreto  legislativo  gia'  sottoposto  all'esame  della   Conferenza
Stato-regioni, senza recepire alcuna delle indicazioni formulate  nel
suo parere. 
    In particolare, non sono state recepite  le  proposte  emendative
relative: 
    al ruolo delle regioni nel procedimento di VIA  in  sede  statale
(articoli 12, 13 e 14 del decreto legislativo n. 104 del  2017;  cfr.
p. 5, 12, 17 del parere della Conferenza Stato-regioni); 
    alla  riduzione  delle  competenze  regionali  sugli   interventi
sottoposti alla valutazione d'impatto ambientale e alla  verifica  di
assoggettabilita' alla VIA (articoli 5 e 22 del  decreto  legislativo
n. 104 del 2017; cfr. p. 5, 6, 7,  12,  22  e  27  del  parere  della
Conferenza Stato-regioni); 
    alla deroga per i progetti concernenti interventi  di  protezione
civile (art. 3 del decreto legislativo n. 104 del 2017;  cfr.  p.  15
del parere della Conferenza Stato-regioni). 
    Si  e'  determinata  cosi'  una  condotta   c.d.   «di   blocco»,
manifestamente estranea al principio di leale  collaborazione  e,  di
conseguenza, palesemente illegittima. 
    Ne  consegue,  anche   per   questo   profilo,   l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 3, 5, 8, 9, 12, 13, 14, 16, 17, 22 e 26
del decreto legislativo n. 104 del 2017, nelle specifiche parti  gia'
dettagliatamente individuate  nei  precedenti  motivi  d'impugnazione
(parr. 1.1., 2.1. e 3.1.), cui si rinvia in ossequio al principio  di
sinteticita' degli atti processuali.